giovedì 29 novembre 2007

Più mediazione culturale per le donne straniere in gravidanza

Tra il 26 e il 29 novembre si è tenuto a Roma il XIV Workshop Internazionale dedicato a "Cultura, Salute, Migrazioni - Con gli occhi di una libellula".

Tra le questioni focali è emersa quella delle gravidanze delle donne straniere. In base ai dati dell'Agenzia di sanità pubblica della Regione Lazio, risalenti al 2002, il 42% dei ricoveri ordinari delle donne straniere è dettato da gravidanza, parto o puerperio.
L'Italia supera di 18 punti percentuali la media dei parti cesarei consigliata dall'Organizzazione mondiale della sanità, vale a dire il 12% del totale dei parti. Tra le donne straniere il parto cesareo è altamente diffuso: sono 29 su 100 le donne che ricorrono a questa pratica e più di 21 sono costrette a farlo per motivi di urgenza. Molte di loro, specialmente quelle provenienti dal Bangladesh, dal Perù e dalle Filippine, non comprendono il perchè dell'intervento.
Le straniere sono vittime della scarsità di cure: esse fanno meno di 3 ecografie (numero minimo richiesto), sono visitate da un ginecologo solo dopo la 12esima settimana (termine massimo per l'effettuazione della prima ecografia), e fanno l'amniocentesi , necessaria allsolo nel 6% dei casi.

Emerge, dunque, la necessità di diffondere nelle lingue delle popolazione immigrata informazioni sulle cure richieste durante la gravidanza, sui luoghi e gli orari in cui è sono disponibili i servizi sanitari (i datori di lavoro potrebbero essere coinvolti, attraverso un patto con il SSN). Non solo, è anche indispensabile estendere ai principali centri di cura la mediazione culturale e la gratuità dei servizi. In particolare la mediazione culturale - risorsa in cui gli stessi immigrati possono diventare attori e non solo beneficiari - è utile a comprendere modi diversi di manifestare il dolore o di interpretare il sintomo di una malattia.

Fonte: Redattore Sociale

mercoledì 28 novembre 2007

Torino: casa d'appuntamenti internazionale

C'erano una cinese, un'italiana e una rumena nella casa d'appuntamenti gestita da una cittadina cinese regolare, di 34 anni, a Torino. Continua, dunque, il processo di apertura dello sfruttamento della prostituzione cinese ad altre nazionalità.
La maitresse era in possesso di altri mazzi di chiavi che non corrispondevano all'appartamento, ma non ha voluto collaborare con la polizia giudiziaria.

Fonte: La Stampa


martedì 27 novembre 2007

Il manifesto di Padova

Si è tenuto il 23 e il 24 novembre a Padova il Convegno "Medicina e sanità a confronto con la multiculturalità", organizzato dalla Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri e dall'Ordine dei Medici di Padova. Al termine dell'incontro è stato stilato un documento, nel quale si riconosce che “la realizzazione del diritto alla cura in una società plurietnica passa attraverso il riconoscimento e il pieno rispetto dei valori e delle identità culturali”.

Il MANIFESTO DI PADOVA, che basa le sue dichiarazioni sull’art.3 del Codice di deontologia medica (“dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e il sollievo dalla sofferenza, nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità….”), prende l’avvio – come ha dichiarato Maurizio Benato, vicepresidente FNOMCEO e promotore del Convegno – dalla considerazione che FNOMCEO considera “il multiculturalismo e la molteplicità etnica uno stimolo e una sfida che i medici debbono affrontare nello spirito etico della tradizione ippocratica e nel rispetto dei valori di uguaglianza e universalità della nostra Costituzione”.

All’interno del MANIFESTO DI PADOVA vengono adottati dalla professione medica, una serie di principi, orientati a ridefinire i concetto di Diritto alla cura (in quanto “dovere del medico è il riconoscimento della diversità delle specificità culturali di ciascun paziente adattando ogni singolo intervento sanitario ai peculiari bisogni, culturalmente connotati, privilegiando il dialogo per conciliare la libertà comune e l’appartenenza individuale”), di Medicina e modelli culturali, di Alleanza nei percorsi sanitari, approfondendo inoltre l’Attenzione di genere e il divieto di praticare mutilazioni sessuali femminili (“e a tal fine il medico si adopera per contrastare qualsivoglia condizione di subalternità della donna in grado di generare una limitazione al suo diritto alla salute”) e contribuendo ad un nuovo atteggiamento nei confronti della Formazione del medico, improntata al superamento di concezioni dogmatiche e riduttive in medicina.

Il MANIFESTO DI PADOVA – che è frutto dell’elaborazione unitaria da parte del Consiglio nazionale FNOMCEO - verrà nelle prossime settimane presentato alle più alte cariche istituzionali del nostro Paese, alle rappresentanze politiche, professionali ed associative per una sua più ampia condivisione, affinché si diffonda in modo efficace ed autorevole una cultura della molteplicità etnica anche nel nostro Paese.

Prostituzione: l'identikit del cliente

L'ISMU (Iniziative e studi sulla multietinicità), insieme ai ricercatori di Transcrime, ha condotto per la Commissione Europea uno studio sull'identità dei clienti delle prostitute.

Emerge una notevole differenza tra il cliente attivo sul web e quello che, invece, frequenta la strada, dal momento che la prima realtà è spesso maggiormente ricercata e raffinata della seconda. Chi si muove attraverso il web ha un età media di 35-40 anni, una scolarizzazione medio-alta, non è sposato e non ha figli, ricerca prestazioni con una cadenza di circa 2 mesi. Al contrario, chi si aggira per la strada ha circa 38-50 anni, un'educazione medio-bassa, è generalemente sposato con figli, si dedica all'attività circa ogni 15 giorni.

Dalla percezione del cliente emerge che le donne che si prostituiscono in appartamento hanno una maggiore conoscenza dell'italiano e dimostrano di aver subito violenze in misura minore rispetto alle ragazze di strada.

Assai dubbiosa risulta la veridicità del dato in base al quale tutti i clienti intervistati fanno uso del preservativo. E' opinione diffusa tra gli operatori di strada, infatti, che circa 8 clienti su 10 richiedono prestazioni senza precauzioni.

I motivi per cui gli uomini ricercano prestazioni sessuali a pagamento da parte di prostitute straniere sono - in egual misura per chi si serve del web e chi frequenta la strada - il bisogno di affetto e di comprensione, il bisogno fisiologico di sesso, il prezzo inferiore, il bisogno di dominio e il disagio provocato dall'emancipazione femminile.

Altro dato interessante è il comune auspicio della riapertura delle case chiuse: sia per la salute e la privacy dei clienti, sia per la possibilità di tassare i guadagni, sia per evitare forme di sfruttamento.
Per i clienti, i controlli sanitari obbligatori all'interno delle case chiuse, a parte violare il diritto alla salute, in cui è compreso anche il diritto di rifiutare cure sanitarie, favorirebbero la richiesta di rapporti senza protezione - sicuri che il sistema garantisca contro ogni malattia - e non preverrebbero l'AIDS, tracciabile dopo 3 mesi dal contagio. Inoltre, ci si domanda se le case chiuse, registrate e conosciute da tutti, non garantiscano una privacy assai inferiore rispetto ad appartamenti privati. Rispetto alla tassabilità dei guadagni e alla protezione contro forme di sfruttamento, così come se non fossero inquadrate nel sistema delle case chiuse, ci sarebbero sempre delle sacche di illegalità.


martedì 20 novembre 2007

Finanziaria 2008: donne e immigrati

  • Si stanziano risorse (il 50% di un apposito fondo presso il ministero della Salute) per diffondere il vaccino Hpv contro il tumore al collo dell'utero.
  • Per l’anno 2008 è istituito un Fondo di 20 milioni di euro destinato a un Piano contro la violenza alle donne.
  • E’confermato il Fondo per le politiche relative ai diritti e le pari opportunità pari a 50 milioni di euro per l’anno 2008. Il fondo è ripartito dal Ministro delle pari opportunità, con il concerto del Ministro della solidarietà sociale, del lavoro, della salute e delle politiche per la famiglia.
  • Il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati è incrementato di 50 milioni di euro per l’anno 2008. Tale Fondo aveva previsto lo stanziamento di 50 milioni di euro per il triennio 2007-2009, con l'obiettivo di affrontare situazioni di degrado sociale ed abitativo, con particolare riguardo alle condizioni dei migranti e dei loro familiari.

venerdì 16 novembre 2007

Normativa europea: limitazioni ai provvedimenti di espulsione

L'emanazione da parte del Parlamento europeo della risoluzione che rettifica le esternazioni espresse dal Commissario europeo per giustizia, libertà e sicurezza - nonché vicepresidente della Commissione europea - a proposito dei rom presenti in Italia suscita la necessità di ricordare il contenuto della direttiva europea 38 del 2004 relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

La direttiva europea stabilisce che i cittadini europei hanno diritto di soggiornare nel territorio di un altro Stato membro per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione, se non il possesso di un passaporto o di una carta d'identità (art. 6, comma 1), e successivamente, a condizione che il cittadino: a) abbia un lavoro regolare o b) possegga sufficienti risorse finanziarie e un'assicurazione sanitaria (art. 7). Queste previsioni sono adottate al fine di evitare che il cittadino non gravi ECCESSIVAMENTE sull'assistenza sociale dello Stato membro di cui è ospite.

Tuttavia, la direttiva prevede anche che il semplice ricorso del cittadino all'assistenza sociale non costituisca un motivo di allontanamento dal territorio dello Stato membro ospitante (art. 14, comma 3) e che i limiti del diritto di soggiorno di cui sopra siano derogati qualora il cittadino dimostri di essere alla ricerca di un posto di lavoro e abbia buone possibilità di trovarlo (art. 14, comma 4).

Ulteriori limitazioni alla libertà di circolazione e di soggiorno possono essere poste per motivi di ORDINE PUBBLICO o PUBBLICA SICUREZZA. Tali motivi non possono essere invocati per fini economici (art. 27, comma 1). I provvedimenti adottati per i suddetti motivi devono rispettare i principi della proporzionalità e della personalità (i comportamenti personali devono rappresentare una minaccia reale, grave e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società). Inoltre la sola presenza di condanne penali non giustifica automaticamente l'adozione di tali provvedimenti (art. 27, comma 2).

Nell'adozione di un provvedimento d'allontanamento lo Stato membro prende in considerazione: a) la durata del soggiorno del'interessato, b) l'età, c) la condizione di salute, d) la situazione familiare ed economica, e) l'integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante, f) l'importanza dei legami con il paese d'origine (art. 28, comma 1).

La direttiva prevede anche il diritto di opporre ricorso al provvedimento di espulsione presso l'autorità giudiziaria o amministrativa che sarà indicata nello stesso provvedimento (art. 31, comma 1 e 30, comma 3).

Dopo tre anni dall'esecuzione del provvedimento di espulsione, il cittadino può presentare una domanda di revoca del divieto di ingresso che dimostri la mutazione delle circostanze per le quali era stato adottato il provvedimento (art. 32, comma 1).

La direttiva non specifica se il destinatario di un provvedimento d'allontanamento da parte di uno Stato membro può essere ammesso, nel frattempo, in un altro Stato membro.


Torino: scoperto "centro massaggi"

La polizia del capoluogo piemontese ha arrestato una cittadina cinese di 43 anni, regolare sul territorio italiano, per aver favoreggiato l'immigrazione clandestina e la prostituzione. La donna, infatti, ospitava nel suo appartamento a luci rosse, dove ella stessa forniva prestazioni sessuali a clienti italiani, una connazionale di 48 anni priva di permesso di soggiorno.
A denunciare l'attività sono stati gli inquilini dello stabile dove le donne si prostituivano.

Fonte: La Stampa


mercoledì 14 novembre 2007

La prostituzione thailandese in Italia

Nel quadro del progetto interregionale Vie d'uscita, in cui è iscritta la ricerca-azione intitolata "Focus sul fenomeno della tratta delle donne: analisi delle trasformazioni correnti e nuove strategie d'intervento di protezione sociale. Il caso Piemonte", è stata data particolare rilevanza ad un fenomeno appena emerso nel nostro paese: la prostituzione thailandese.

Nel giugno del 2006 una vasta operazione del carabinieri di Asti ha portato alla luce circa 60 case d'appuntamento dislocate tra Asti, Alessandria, Nizza, Pavia e Napoli, dove erano impiegate 123 cittadine thailandesi tra i 18 e i 41 anni.

Le donne erano originarie del Nord Est del paese, una zona che non è stata raggiunta dal boom economico degli anni '80-'90, abitata in prevalenza dall'etnia Hill, da sempre vittima di discriminazioni da parte del governo centrale. La maggior parte delle donne intercettate dalla polizia, infatti, è risultata analfabeta; alcune di loro, inoltre, erano in grado di parlare solo il dialetto della regione d'origine (condizione che ha complicato il già difficile lavoro delle mediatrici culturali).

Il contatto coi trafficanti era avvenuto a seguito della vendita della ragazza da parte della famiglia indigente o, nella maggior parte dei casi, in occasione della ricerca di un lavoro all'estero. L'organizzazione si serviva di un'agenzia di viaggi che vendeva pacchetti-viaggio di 5 mila euro in cui era incluso il visto turistico per tre mesi. In questo contesto veniva prospettato alle donne anche un impiego come colf, sarta o cameriera.

Una volta giunte in Italia venivano accolte da maitresse thailandesi dotate di documenti regolari o della cittadinanza italiana (ottenuta a seguito di un matrimonio con uomini italiani - la coppia di sfuttatori italo-thailandese si è rivelata essere una forma di organizzazione assai diffusa). Le vittime venivano indotte a stare negli appartamenti per lunghi periodi di tempo, uscendo solo in compagnia delle maitresse o di altre figure affiliate al gruppo criminale. Il debito che dovevano ripagare era di 12.000-15.000 euro, che riuscivano ad estinguere in circa due anni, periodo a cui faceva seguito una divisione dei guadagni del 50%. Il costo delle prestazioni variava dai 75 ai 400 euro.

Raramente le donne hanne tentato di sottrarsi ai trafficanti, sia per il loro carattere docile ed obbediente, sia per le enormi difficoltà di comunicazione che incontravano con il mondo esterno.

La pubblicizzazione del servizio avveniva sui periodici locali o anche sul web. A gestire le telefonate e a fissare gli appuntamenti, come nella prostituzione cinese, erano le maitresse.

Della diffusione della pubblicità, così come dell'individuazione degli appartamenti più adatti dove svolgere l'attività, ma anche di altre attività logistiche, si occupavano cittadini italiani, spesso pensionati.

E' stato riscontrato un basso utilizzo di precauzioni durante i rapporti e alcune delle ragazze intercettate sono risultate essere sieropositive. Questo costituisce un problema assai rilevante se si considera che la prostituzione thailandese si svolge quasi esclusivamente al chiuso e che per gli operatori sociali - potenziali fonti di informazione medica e ponti di contatto con i servizi sanitari - è estremamente complesso raggiungere le donne che si prostituiscono in appartamento.

A seguito della presa in carico, la maggior parte delle donne hanno optato per il programma di rimpatrio promosso dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (in questa decisione sembra abbia avuto un peso determinante il ruolo delle mediatrici contattate attraverso l'ambasciata thailandese). Una parte è stata espulsa; un'altra, tra cui cinque ragazze che hanno denunciato i propri sfruttatori e intrapreso il programma di protezione sociale ex art. 18, è stata presa in carico a diverso titolo. La sfida maggiore, per gli operatori sociali impegnati nel percorso di inclusione sociale, è comprendere una cultura così diversa da quella Est europea o nigeriana.


martedì 13 novembre 2007

Espulsioni collettive nella giurisprudenza CEDU

In base all'art. 4 del Protocollo n° 4 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo "le espulsioni collettive di stranieri sono vietate". La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha considerato come espulsioni collettive una serie di provvedimenti individuali contro persone della stessa nazionalità, nella sentenza Čonka v. Belgium emessa il 5 maggio 2002. In particolare i ricorrenti, Rom di nazionalità slovena, avevano presentato domanda d'asilo alle autorità belghe e, dopo essere stati convocati presso la Questura per il completamento della richiesta, sono stati arrestati ed espulsi attraverso l'aeroporto militare di Brussels, per aver violato la legge belga che impedisce ad uno straniero di soggiornare illegalmente nel paese per più di tre mesi.

La Corte si è pronunciata in questo senso:

"The Court reiterates its case-law whereby collective expulsion, within the meaning of Article 4 of Protocol No. 4, is to be understood as any measure compelling aliens, as a group, to leave a country, except where such a measure is taken on the basis of a reasonable and objective examination of the particular case of each individual alien of the group. That does not mean, however, that where the latter condition is satisfied the background to the execution of the expulsion orders plays no further role in determining whether there has been compliance with Article 4 of Protocol No. 4".


Dunque, non è sufficiente che l'espulsione sia validata dall'autrorità giudiziaria sulla base di elementi prettamente individuali, ma si tiene in considerazione anche il contesto in cui tale espulsione viene attuata.

La Corte prosegue sostenendo che:

"the detention and deportation orders in issue were made to enforce an order to leave the territory dated 29 September 1999; that order was made solely on the basis of section 7, first paragraph, point (2), of the Aliens Act, and the only reference to the personal circumstances of the applicants was to the fact that their stay in Belgium had exceeded three months. In particular, the document made no reference to their application for asylum or to the decisions of 3 March and 18 June 1999 [relative al mancato accoglimento delle domande d'asilo]. (...) In those circumstances and in view of the large number of persons of the same origin who suffered the same fate as the applicants, the Court considers that the procedure followed does not enable it to eliminate all doubt that the expulsion might have been collective".


Spetta allo Stato, in definitiva, addurre prove che dimostrino che non si sia trattato di un'espulsione collettiva.



Osservazioni dell'UCPI sul d. lgs. 181/2007

L'Unione Camere Penali Italiane ha inviato alla Commissione Affari Costituzionali del Senato delle osservazioni sull'incostituzionalità del decreto legislativo del 1° novembre 2007 .
  1. L'espressione "motivi imperativi di pubblica sicurezza" è eccessivamente generica e rischia di alimentare scelte di libero arbitrio da parte del Prefetto. In base all'art. 13, comma 3 della Costituzione, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori limitativi della libertà personale "in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge"
  2. La possibilità di espellere il familiare della persona che ha tenuto comportamenti contrari alla dignità umana e ai diritti fondamentali ovvero all'incolumità pubblica va contro il principio di personalità, ineludibile in qualsiasi caso di limitazione della libertà personale
  3. Non è previsto il vaglio giurisdizionale nel caso in cui il destinatario dell'espulsione, rientrato in Italia, venga nuovamente allontanato e nel caso in cui venga disposta l'esecuzione dell'allontanamento a causa della scadenza dei termini per l'adempimento dell'espulsione [ci si domanda, a questo proposito, se possa influire la sentenza 20374/2006 della Corte di Cassazione in base alla quale il questore non può emettere più di un provvedimento di espulsione nei confronti di cittadini extracomunitari ai fini di non sovraccaricare le autorità giudiziarie che vagliano tale provvedimento].
  4. L'attribuzione della convalida di espulsione al Giudice di Pace, organo di composizione bonaria di conflitti sia civili sia penali tra privati, piuttosto che al giudice monocratico risulta irragionevole (il Ministro Amato, in questo senso, ha già preso una posizione. Si veda nei post precedenti).

Per il testo completo delle osservazioni, cliccare qui.


Le esternazioni della Comunità Papa Giovanni XXIII

Assai ambigue le esternazioni di Giovanni Paolo Ramonda, vice responsabile generale dell'Associazione, per il quale i prefetti e i questori dovrebbero applicare il decreto legislativo 181 approvato lo scorso 1° novembre a tutte le ragazze comunitarie, in prevalenza rumene, che si prostituiscono lungo le strade del nostro paese, al fine di "liberarle".

Il fenomeno della prostituzione migrante è assai complesso e dettato da numerosi fattori, tra cui l'estrema povertà o la criticità delle condizioni familiari nel paese d'origine (i genitori, i fratelli o i figli possono essere gravemente malati o i legami affettivi di cattiva qualità possono aver determinato l'allontanamento dalla propria famiglia). Non può certo essere un decreto emanato d'urgenza sull'onda dell'emozione provocata da un omicidio a risolvere la situazione. Il rimpatrio forzato delle ragazze comunitarie non rappresenta una soluzione valida: è necessaria un'assistenza ben più profonda e continuata, che parta dalla strada e arrivi, in alcuni casi, al percorso di protezione sociale.


lunedì 12 novembre 2007

CCNL per lavoratori domestici: un commento

Dal 1° marzo 2007 è in vigore il contratto collettivo nazionale per lavoratori domestici. Per la prima volta è stato considerato il profilo della badante, persona non formata addetta all'assistenza di individui non autosufficienti (categoria C super). Le badanti, qualora in possesso di qualsiasi diploma conseguito in Italia o all'estero, sono considerate formate e quindi il livello di retribuzione ascende alla categoria D super, il più alto.

Nel CCNL è prevista la possibilità, da parte del datore di lavoro, di assumere due lavoratori che assumano in solido l'adempimento di un'unica obbligazione lavorativa. Sarebbe opportuno, a fronte delle esigenze espresse da numerose donne straniere che cercano impiego nel nostro paese come collaboratrici familiari (addette alle pulizie), prevedere anche la possibilità di vincolare più datori di lavoro ad un'unica lavoratrice. Spesso, infatti, la necessità delle immigrate di lavorare intensamente (caratteristica insita nel progetto migratorio della maggior parte degli individui) si scontra con la mansione, che per una famiglia può essere svolta in un tempo breve (poche ore al giorno e non tutti i giorni). Tale esigenza è stata "aggravata" dalla previsione, nel CCNL, di un massimo di 40 ore settimanali per lavoratori domestici non conviventi, invece delle precedenti 44 ore.

Si evidenzia, infine, un difetto di garanzia del lavoratore dovuto alla possibilità di licenziamento senza giusta causa, con un preavviso che va appena dagli 8 ai 30 giorni (per i rapporti di lavoro entro le 25 ore settimanali, 8 giorni se l'anzianità presso lo stesso datore di lavoro è inferiore a 2 anni e 15 se è superiore; per i rapporti di lavoro oltre le 25 ore settimanali 15 giorni se l'anzianità presso lo stesso datore è inferiore a 5 anni e 30 se è superiore).


venerdì 9 novembre 2007

Roma: ambulatorio per immigrate

Al Policlinico Umberto I di Roma è aperto un ambulatorio di ginecologia e ostetricia per immigrate. A farne uso sono soprattutto cittadine cinesi (l'80%), indicazione della naturale predisposizione di questa porzione di popolazione immigrata a fruire del servizio sanitario nazionale, a dispetto della diffusione degli ambulatori clandestini cinesi. Al Policlinico di Roma è presente, in particolare, una ragazza cinese che si sta laureando in Medicina ed assiste il Dottor Francesco Rech, Direttore dell'ambulatorio. La necessità di una mediatrice culturale cinese appositamete formata emerge soprattutto quando la laureanda è assente e la comunicazione con le donne cinesi diventa complessa. L'importanza della struttura ha raggiunto livelli tali da portare una delegazione dell'Hubei Provincial Goverment ad incontrarsi con i vertici dell'ambulatorio.

Il centro è nato su richiesta della Caritas, che già forniva un servizio sanitario per immigrati e che è stata sfrattata dagli immobili che occupava. Oggi la Caritas ha ripreso la sua attività, ma l'ambulatorio ha continuato a funzionare. Per garantire un servizio di qualità, la struttura è in funzione solo il lunedì e il martedì mattina, per una totale di circa 10 visite giornaliere. L'interesse delle donne non è solo direttamente collegato al loro stato di salute, ma anche a questione burocratiche, quali l'ottenimento del certificato di gravidanza per ottenere il permesso di soggiorno.

Fonte: Redattore sociale

Un giudice monocratico per la convalida delle espulsioni

Mentre il decreto legge 181/2007 è in esame alla commissione Affari costituzioni del Senato (vi rimarrà fino al 15 novembre per la conversione in legge), il Ministro dell'interno Amato ha riconosciuto l'importanza della convalida dell'espulsione da parte di un giudice monocratico piuttosto che dal giudice di pace. Il procedimento, dunque, torna ad essere quello in uso prima del 2004, quando il Ministro della giustizia aveva promosso questa semplificazione.

Fonte: Redattore Sociale

giovedì 8 novembre 2007

Osservazioni sul decreto legge del 1 novembre 2007 n° 181

Il decreto legge sulla sicurezza urbana "estende anche ai pericoli per la 'sicurezza urbana' la facoltà del sindaco di adottare provvedimenti contingibili e urgenti, facoltà oggi prevista solo per eliminare gravi pericoli all’incolumità pubblica".
Risulterà opportuno, in sede parlamentare, specificare il significato di 'sicurezza urbana'.
Inoltre, è bene ricordare che il potere del sindaco di emettere ordinanze rimane un provvedimento temporaneo, proprio in quanto dettato da condizioni "contingibili e urgenti" (art. 54, comma 2 del d. lgs. 267/2000). Dunque è chiaro che il ddl non fa altro che posticipare la necessità di affrontare la percezione, ormai costante, di insicurezza della cittadinanza.

"La riforma attribuisce al prefetto il potere di allontanamento dal territorio nazionale di cittadini comunitari, sulla base della direttiva UE, per motivi di pubblica sicurezza". Nello specifico, "i motivi di pubblica sicurezza sono imperativi, come prevede la normativa europea, quando il comportamento del comunitario compromette la dignità umana o i diritti fondamentali della persona, oppure compromette l’incolumità pubblica rendendo la sua permanenza sul territorio nazionale incompatibile con l’ordinaria convivenza".
I venditori ambulanti, le donne dedite alla prostituzione e, in generale, tutti coloro che svolgono un lavoro irregolare sono interessati da questo provvedimento? Compromettono l'ordinaria convivenza?
Inoltre, come si intende regolare la disomogeneità che sul territorio italiano si verificherebbe a causa dei differenti comportamenti dei tanti prefetti? E quali potrebbero essere le conseguenze di tale disomogeneità?

"Un cittadino straniero comunitario può essere allontanato se viene individuato sul territorio nazionale sprovvisto di mezzi legali di sostentamento da oltre tre mesi (...) in questo caso l’allontanamento non comporta il divieto di reingresso".
Si tratta di una regola stabilita dal trattato di Schengen. Il Governo italiano propone, invece, di inasprire tale regola nel senso che "il destinatario del provvedimento debba consegnare al Consolato italiano nello Stato Ue di nazionalità un’attestazione di ottemperanza all’allontanamento. L’inosservanza comporta la sanzione, a carico del cittadino Ue individuato sul territorio nazionale, dell’arresto da uno a sei mesi e di una ammenda da 200 a 2.000 euro".
Si può parlare di violazione delle norme europee?
Il Ministro dell'interno Amato, inoltre, "ha detto di star facendo istruire la questione dai suoi uffici per valutare se non sia possibile prevedere che, in assenza di una data certa di ingresso definita a carico di chi entra, si possa presumere che il soggetto sia nel Paese da più di tre mesi e, in tal caso, in assenza di mezzi leciti di sussistenza, lo si possa allontanare.

"In caso di occupazione abusiva di luogo pubblico si prevede che il sindaco (o il prefetto per le strade extraurbane) possa disporre l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e la chiusura dell’esercizio fino all’adempimento dell’ordine. Lo stesso vale per l’esercente che non adempie agli obblighi di pulizia e decoro degli spazi antistanti l’esercizio".
Non è rischioso lasciare al sindaco la possibilità di discernere i casi di occupazione abusiva? Gli emarginati che vivono in strada occupano abusivamente i luoghi pubblici?


Fonti: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Osservatorio sulla legalità, Overlex


martedì 6 novembre 2007

Protezione per donne straniere vittime di violenze familiari

Dopo il recente provvedimento che prevede esplicitamente il percorso di protezione sociale per le vittime di sfruttamento lavorativo, si allarga ulteriormente lo spettro di beneficiari del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il disegno di legge contenente "Disposizioni in materia di sicurezza urbana", prevede che "[l]e donne straniere che denunciano violenze familiari – o vittime di violenze familiari sulle quali è in corso un’indagine – possono ricevere dal questore un permesso di soggiorno per motivi protezione umanitaria. Il permesso di soggiorno è legato a un percorso di integrazione che non lascia sola la donna vittima di violenze".

domenica 4 novembre 2007

Scoperti 59 appartamenti gestiti da una donna cinese

La polizia di Verbania ha condotto all'arresto una donna cinese di 47 anni, Sun Huamei, con l'accusa di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. A lei è stato ricondotto un circuito di 59 appartamenti localizzati in tutta Italia, con una concentrazione nel Verbano-Cusio-Ossola. Più precisamente gli immobili erano situati a Verbania Intra, Verbania Fondotoce, Verbania Pallanza, Baveno, Omegna, Ciriggio di Omegna, Stresa, Cornavasso, Carciano di Stresa, Crusinallo di Omegna, Arona, Gravellona Toce; altri 45 erano disseminati a Bologna, Valdagno, Bergamo, Lecco, Sondrio, Varese, Lodi, Parma, Messina, Milano, Vicenza, Pescara, Biella, Cesena, Oristano, Mantova, Nogara (Verona), Ferrara, Castelfranco Veneto, Carpi, Vercelli, Legnano, Cuneo, Grosseto, Rovigo, Vigevano, Gonzaga, Ravenna, Cremona, Busto Arsizio, Gallarate, Forlì, Piacenza, Savona e Ancona.

La donna, originaria di Tianjin, una municipalità a est di Beijing, era residente nel quartiere di via Paolo Sarpi e,
con la promessa di un lavoro regolare, reclutava cittadine cinesi tra i 20 e i 45 anni provenienti dal Liaoning. Secondo gli inquirenti, Sun Huamei avrebbe assunto a Milano un ruolo chiave anche nella gestione di migranti cinesi avviati al lavoro nero.

I guadagni delle case, sempre in base alle valutazioni degli inquirenti, si sarebbero aggirati intorno ai 6000-8000 euro al mese ciascuna.

Fonte: LibertàOnLine

sabato 3 novembre 2007

Giovani criminali cinesi

In questo articolo Daniele Cologna fornisce alcuni elementi per distinguere le sfumature con cui la criminalità cinese si manifesta in Italia e ribadisce come alcune forme di violenza all'interno della comunità cinese di via Paolo Sarpi sia il risultato della mancata integrazione dei giovani che si riuniscono alla propria famiglia dopo aver terminato la scuola dell'obbligo in Cina; essi subiscono "il doppio trauma della separazione dai genitori, protrattasi per anni nel corso della prima infanzia, e quello dell'abbandono dei nonni e della sua cerchia di amici nel corso della prima adolescenza".

Le donne cinesi, a causa dell'intenso lavoro a cui si sottopongono, continuano ancora oggi a mandare i propri figli in Cina nei primi mesi di vita, lasciandoli crescere dai nonni o dagli zii fino a 13-14 anni.

I culti segreti nigeriani - parte II

In Italia fino alla fine degli anni '90 i culti segreti hanno operato a Napoli e Verona. Pur dedicandosi ad attività criminose, non risultavano essere particolarmente violenti. L'azione della polizia ha portato all'estinzione di questi gruppi, per favorire l'ingresso nella realtà criminale di culti più violenti. Si tratta, in particolare, dei Black Axe (conosciuti in Nigeria come Neo Blak Movement of Africa, nati alla fine degli anni '70 all'Università di Benin City con l'obiettivo di promuovere una consapevolezza politica 'nera') e degli Eiye. A partire dal 2000 i culti si sono moltiplicati e la polizia è arrivata a registrare gruppi come i Bucaneers, i Vikings, gli Amazons e la Ku Klux Clan Confraternity, tutti con base in Nigeria.


La struttura dei culti è piramidale; ognuno è guidato da un capo nazionale; vi sono, poi, i consigli degli anziani ed emergono figure chiave come i direttori operativi, in particolare i butchers e i picchiatori; tutti, all'interno della setta, acquisiscono l'identità di lord. Il collante dei culti è rappresentato dal fideismo superstizioso alimentato dal woodoo e dai riti iniziatici tribali (i membri vengono marchiati con un ferro sulla pelle in segno di sottomissione); i simboli magico-religiosi tornano in ogni aspetto della vita di gruppo: nel saluto, nella parola d'ordine, nei segni distintivi (berretti neri per i Black Axe e sciarpe azzurre per gli Eiye). L'infrazione delle regole dettate dai ranghi alti dell'organizzazione (compresa l'omertà e il pagamento di un quota d'iscrizione) viene punita con violenti pestaggi.


Tra i culti il rapporto può essere collaborativo, se si decide di diversificare le attività criminali e si fa riferimento a uno particolarmente specializzato o se sussistono legami personali tra i membri di gruppi diversi, oppure conflittuale, se due gruppi, o due individui, si contendono i proventi di una certa attività. Rispetto alla criminalità nigeriana classica, le sette segrete da una parte acuiscono l'allarme sociale coi loro metodi violenti, dall'altra attirano l'attenzione delle forze dell'ordine, permettendo alla prima di agire indisturbata secondo i discreti metodi tradizionali.


Oltre al traffico di droga e alle truffe finanziarie, i culti ottengono gran parte dei proventi attraverso lo sfruttamento della prostituzione. Come è noto, tale attività risulta interamente gestita dalle maman, che possono essere compagne di malviventi comuni, o di cultisti o membri esse stesse dei culti segreti: i piani di appartenenza, dunque, non sono ben definiti e il ruolo delle sette può assumere connotati diversi. A volte i cultisti, su commissione delle maman, assumono la funzione di infliggere punizioni corporali alle ragazze che non sottostanno al sistema. Altre volte, spinti dalla relazione affettiva con le ragazze che si prostituiscono, diventano taglieggiatori delle maman. A questo proposito, è stato rilevato uno spostamento delle maman dall'Italia alla Norvegia, fenomeno che, pur rimanendo inesplicato, induce a ipotizzare il tentativo di eludere il disturbo dei culti su questa attività.


Il fenomeno dei culti segreti nigeriani, soprattutto in rapporto allo sfruttamento della prostituzione, richiede ancora attente osservazioni. Un punto di vista privilegiato sulla criminalità nigeriana può essere considerato Echo News, mensile della comunità nigeriana in Italia.


Bologna: scoperto giro di prostituzione gestito da cinesi

"Un giro di prostituzione, interamente gestito ed esercitato da cittadine cinesi ma con clientela italiana, è stato scoperto dalla polizia di Bologna al termine di un'indagine coordinata dal Pm Stefano Orsi. Individuate 9 case d'appuntamento, indagate quattro donne e oltre 9.000 euro sequestrati.

A gestire l'intero giro di affari era una donna cinese di 54 anni, regolare sul territorio italiano, che è finita in manette con l'accusa di sfruttamento della prostituzione. L'arresto è avvenuto in flagranza, dopo un blitz nella sua abitazione di via Carracci, alla Croce di Casalecchio di Reno. Sono, invece, 11 le ragazze tutte clandestine, che venivano sfruttate e costrette a prostituirsi. Di queste, 3 sono state arrestate per inosservanza del decreto di espulsione, altre 3 sono state trasferite al Cpt, una denunciata per violazione delle norme sull'immigrazione e le altre espulse.

Le perquisizioni degli uomini della Questura hanno interessato tutta la città. Nei 9 appartamenti, uno per ogni quartiere del capoluogo, affittati per accogliere i clienti, gli agenti hanno sequestrato denaro contante per un totale di 9.170 euro, materiale pornografico, profilattici e numerosi telefoni cellulari".

Fonte: Bologna 2000

giovedì 1 novembre 2007

Bisceglie: cinese e giapponese insieme in appartamento

Per la prima volta viene registrata la presenza congiunta in appartamento di una cittadina cinese, 34enne, e di una giapponese, 45enne, dedite alla prostituzione. La casa a luci rosse è stata scoperta durante un'indagine dei carabinieri di Bisceglie, in provincia di Bari. Entrambe le donne sono risultate clandestine, elemento che lascia pensare alla presenza di un intermediario nel contratto di locazione e, probabilmente, di uno sfruttatore. La comunità cinese si è sempre caratterizzata per la tendenziale chiusura verso l'esterno. Una prima frattura si è già avuta con l'apertura della realtà prostitutiva alla clientela italiana; ora anche il sistema di reclutamento pare lasciare degli spazi a nuove soluzioni.

Fonte: Bisceglielive.it