In occasione del seminario dedicato a "La salute della donna, del bambino e della famiglia straniera, organizzato nell'ambito del master della Caritas in Medicina delle emarginazioni, migrazioni epovertà, l'avvocato Maria Marta Farfan delinea l'attuale quadro legislativo che interessa gli immigrati nel nostro paese.
Si parte dal visto d’ingresso rilasciato dai consolati italiani, che consente tuttavia il solo attraversamento delle frontiere dei paesi dell’area Schengen. A partire dal suo ingresso lo straniero ha a disposizione 8 giorni di tempo per richiedere il permesso di soggiorno, la cui domanda dovrà essere inoltrata alla questura in caso si tratti di motivi di lavoro; allo sportello unico delle Prefetture quando si arriva per motivi familiari, mentre per altre tipologie di soggiorno (così come per i rinnovi) si dovrà procedere con la compilazione telematica. Da questo momento al nuovo arrivato non resta che attendere pazientemente di essere convocato in questura per le foto e le impronte digitali.
Oltre a non poter lavorare regolarmente, in questa fase lo straniero non può accedere a nessuno dei diritti previsti per i soggiornanti in Italia . “Allo stato attuale – ha spiegato la Farfan – sono circa 900 mila i permessi di soggiorno in attesa di rilascio, che comportano un tempo medio di attesa di 5/6 mesi”. Dallo scorso dicembre, con l’introduzione del permesso di soggiorno elettronico (Pse) i tempi si sono infatti enormemente dilatati, acuendo questa situazione di sospensione condivisa peraltro anche da quanti attendono il rinnovo. “Con una recente direttiva il ministero degli Interni ha tentato di ovviare a queste situazioni stabilendo la validità della ricevuta postale quale titolo di accesso al lavoro e ai diritti”, ha reso noto l'avvocato.
Lo stesso vale per chi è in attesa del rinnovo, ma in questo caso si dovrà esibire anche il vecchio permesso di soggiorno. Soltanto dopo cinque anni di regolare soggiorno, il cittadino extracomunitario può accedere ad una condizione giuridica più stabile, garantita dal permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo (la vecchia carta di soggiorno), che consente ad esempio di accedere ai servizi e alle prestazioni della previdenza economica socio assistenziale (assistenza sociale, assegno di maternità, invalidità).
Solo se in possesso di un permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, il cittadino straniero può chiedere di ricongiungersi con uno o più membri della propria famiglia, vale a dire con il coniuge, i figli minori, maggiorenni a carico e più di recente con i genitori a suo carico. In questo caso dovrà tuttavia dimostrare di esaudire i requisiti di idoneità dell’alloggio – stabiliti dai parametri regionali di edilizia residenziale pubblica – dimostrando di disporre di mezzi di sostentamento necessari al mantenimento della famiglia.
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