mercoledì 10 ottobre 2007

Gestione della prostituzione: esiste un rischio per le associazioni?

Emerge in questi mesi in modo più eclatante che mai la necessità di gestire a livello locale il fenomeno della prostituzione. Per citare alcune tra le posizioni più estreme: il sindaco di Padova ha deciso di intervenire con le multe ai clienti - iniziativa a cui ha fatto seguito, nel mese di maggio, la manifestazione delle sex workers e la pubblicizzazione del "bollino dell'amore", che, indossato dalla prostituta, dà diritto ad una prestazione gratis nel caso in cui il cliente venga multato; il sindaco di Milano, invece, ha istituito all'interno delle forze dell'ordine un servizio apposito per allontanare le prostitute dalla strada attraverso retate che si risolvono con una mera registrazione (le interessate, comunque, sono costrette a passare circa 10-12 ore in Questura) nel caso in cui la prostituta sia regolare, e con l'avvio della procedura amministrativa per l'espulsione dal territorio italiano nel caso in cui sia clandestina.
Alla luce di tali interventi si pone, per gli operatori sociali, la questione di un possibile coinvolgimento da parte delle amministrazioni locali nella definizione e nell'attuazione delle politiche per la prostituzione.
Non è ancora chiaro in quale misura e con quali apporti le associazioni del terzo settore possono intervenire.
Tuttavia, a questo proposito, mi preme riportare il fatti avvenuti a Lione nei confronti dell'associazione Cabiria. E' stata recentemente approvata in Francia la nuova legge sull'Immigrazione, accompagnata da un inasprimento della condotta delle forze dell'ordine. Le associazioni che operano nel tessuto sociale rappresentano una fondamentale fonte di informazioni sugli immigrati clandestini, motivo per cui viene richiesto loro di denunciarli, aiutando la polizia a ritrovarne le tracce. Per Cabiria, che si è rifiutata di collaborare (pena la funzionalità del suo servizionei confronti delle prostitute), la richiesta è diventata una minaccia: la direttrice dell'associazione è stata avvisata che gli operatori sociali avrebbero potuto essere posti sotto controllo o essere denunciati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, punibile fino a tre anni di carcere. Già nel 2001 una dipendente era stata messa sotto custodia cautelare e la sua casa era stata più volte perquisita in assenza di validi capi d’accusa (Fonte: il paese delle donne).
In Italia da anni ormai le associazioni impegnate nel campo della tratta e dello sfruttamento sessuale hanno stipulato accordi con le forze dell'ordine per il reciproco rispetto o per una proficua collaborazione (il riferimento è all'accordo che On the Road ha stretto con la Questura di Ascoli Piceno per una comune procedura di applicazione dell'art. 18 del Testo Unico sull'Immigrazione). Si auspica che l'improvvisa impellenza di numerosi amministratori locali di risolvere la questione della prostituzione non si risolva in un nocivo giro di vite che coinvolga anche gli operatori sociali e impedisca loro di condurre la propria attività.

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